lunedì 21 dicembre 2009

Otto minuti di bellezza

Sarò in pausa dal blog fino al 10 gennaio, ma prima di salutarvi voglio augurarvi un periodo pieno delle cose che vi piacciono di più, con la speranza che riusciate a defilarvi elegantemente da quelle che amate di meno. Non sempre è possibile -si sa - ma provarci e allenarsi per riuscirci è buona cosa.
Virginia Woolf aveva scritto: “Una donna, a 46 anni, non ha più tempo da perdere”. Penso valga anche prima e non solo per le donne. E allora l’importanza di sfrondare, di non entrare in quel circuito nel quale ci troviamo in luoghi e partecipiamo a impegni solo per uscire di casa, per non stare soli a pensare, per riempire dei vuoti, o perché non siamo capaci a dire di no.
Figuriamoci dunque se non vale per me, che gli anni li compio a luglio ma per qualche strano meccanismo appena approdo nell’anno nuovo li compio dentro di me. E nel 2010 saranno cinquanta! Mi appresto dunque a questo compleanno impegnativo, nutrendomi di buone letture, cinema, e di impegni selezionati. Vi lascio otto minuti di bellezza: c’è anima, forza, creatività, arte, vita, emozione. Non è usuale per me rivedere un video più e più volte, eppure con questo mi accade, e ogni volta lo stupore è il medesimo. Spero piaccia anche a voi. Buon Natale e buon anno.

sabato 19 dicembre 2009

Una sintesi perfetta

Ho appena letto questo post di Flavia, e lo segnalo qui perché condivido ogni parola, virgole comprese. E sento fondamentale l'accento che viene messo sulla libertà di scelta della donna. A volte sono sgomenta di quanto sia ancora necessario dirlo. Eppure...
Intanto, ripetiamolo pure fino alla nausea. La donna deve avere libertà di scelta.

mercoledì 16 dicembre 2009

segnalazione - sportello di ascolto

Troverete sul sito di Unamamma le informazioni in merito a questo sportello di ascolto appena attivato.

domenica 13 dicembre 2009

Un'ora sola ti vorrei

Quando avevo visto il documentario Un’ora sola ti vorrei, il mio libro era già in stampa, e mi era spiaciuto non averne scritto. Rimedio qui, e troverete qui il post scritto da Silvietta sullo stesso tema. La regista Alina Marazzi racconta la storia di sua madre: Liseli Hoepli, suicida a trentatré anni. Lo fa attraverso le fotografie, i diari, le lettere e i filmini di famiglia che se ne stavano chiusi, nascosti in un armadio come le cose da dimenticare, di cui avere vergogna. Liseli Hoepli era nata in una famiglia dell’alta borghesia, si era sposata e aveva avuto due figli. Poi, la depressione. Chissà quanti si stupivano del suo malessere! Lei che viveva in un mondo dorato fatto di vacanze lussuose, parchi privati nei quali spingere una carrozzina, case che erano palazzi e abiti eleganti. Come se il denaro potesse allontanare il dolore. In quel caso il denaro ha allontanato lei in una clinica Svizzera, ma non ha risolto il suo senso di inadeguatezza, il suo sentirsi allo stretto in quella vita non sua.
Le inquietudini che la tormentavano avevano fatto la loro comparsa in modo massiccio nell’adolescenza, ma invece di allentarsi nell’età più adulta, si erano amplificate nella maternità. C’è un’immagine nella quale lei percorre con la carrozzina, in solitudine, le strade di una Milano in pieno Sessantotto e credo che sarebbe stata molto meglio in compagnia di un bel gruppo di donne che cominciavano in quegli anni a organizzarsi un po’. Sarebbe stata meno sola.
Alina Marazzi, quando ha realizzato il documentario, nel 2002, aveva trentasette anni: quell’età nella quale diventa urgente fare i conti con la propria storia, e lei lo ha fatto in modo struggente, rimettendo insieme i pezzi sparsi della storia di sua madre. Ridandole vita.


Della stessa autrice, vale la pena di leggere il libro e vedere il documentario Vogliamo anche le rose. Lo sguardo che Alina ha sulle donne è uno di quelli che è bello condividere.

domenica 6 dicembre 2009

L'arte della gioia - la nascita

Goliarda Sapienza, autrice del libro L’arte della gioia, descrive il parto di Modesta, la protagonista. Sono poche righe su cinquecento pagine, ma rendono già l’idea del perché sia un libro che a lungo non ha trovato editore. Alcuni riferimenti sono chiaramente legati all’epoca, quasi un secolo fa, in Sicilia, ma altri raccontano qualcosa del parto che nulla ha a che fare con le conoscenze mediche acquisite, bensì con l’aspetto più potente e arcaico del nascere.

Nemmeno dei libri avevo bisogno, e del pianoforte. Ero un po’ spaventata a quella scoperta. Sarò così per sempre? Ma presto capii. Così come ora mi gonfiavo, dopo mi sarei sgonfiata, e sicuramente sarei tornata a essere come prima, se non morivo. Già, ecco che cos’era quel riposo che sotto forma di astrazione felice il corpo mi imponeva insieme ai lunghi sonni. La natura mi preparava alla fatica che avrei dovuto affrontare; ma nello stesso tempo intuivo che il riposo, ripetuto troppe volte come in quelle donne che non facevano altro che partorire, alla lunga generava uno stato di assenza ebete che le alienava dalla vita. Certo, quel prepararsi del corpo e della mente all’impresa più segreta e rischiosa che l’essere umano possa affrontare come poteva non far apparire, a lungo andare, tutto il resto inutile e senza interesse?
Quando il momento si annunciò con un colpo rovente che dallo stomaco spingeva verso il basso, lacerando i fianchi, i reni, l’intestino, capì che doveva svegliarsi da quell’imbambolimento e lottare. Non era soltanto una fatica, come aveva pensato. Era una lotta a morte che si scatenava dentro come se il corpo, prima integro, si fosse diviso in due, e una parte lottasse per mangiarsi l’ altra.
Grida! Grida che t’aiuta!
La posizione è giusta. Bene si presenta. Grida e spingi! Così ce la fai!
Chi ce la fa? Quell’onda di dolore trascinante? Doveva seguire quell’onda? Il suo corpo lottava con l’altro corpo che, come un masso di ferro, batteva al muro della pancia per uscire.


(alcuni paragrafi dopo, riferendosi al bambino)

Perché gridava così? Piangeva per la sua vita conquistata, o perché, nel segreto di quell’atto carnale, quell’essere sapeva di aver quasi ucciso la sua vita? Solo il mio corpo e il suo sapevano il significato segreto di quella lotta mortale e senza ostilità: ognuno per la propria vita.